Abbiamo cominciato a
leggere i primi dati sulla Pandemia oltre un anno addietro quando, spaventati
per le possibili ricadute sul nostro incedere quotidiano nonché sulle nostre
sempre più precarie condizioni di salute, ci hanno convinto che sacrificando in
parte le nostre abitudini, in nome di un rispetto reciproco, avremmo potuto
ottenere risultati talmente positivi da dimenticare entro l’estate questa
brutta avventura e poi riprendere a vivere come e meglio di prima.
Periodicamente si ripete questo tormentone, con l’adozione ogni volta di misure
sempre più fantasiose e singolari, sia per qualità che per tipologia di
connotazione, alle quali viene affidato il compito risolutore del problema che,
però, cambia definizione nelle singole peculiarità dell’emergenza riscontrata.
E così dalla difficile reperibilità delle mascherine siamo passati alla
effettiva funzionalità delle stesse, dalla scomparsa degli igienizzanti dagli
scaffali dei supermercati, al loro ritorno sia pure a condizioni economicamente
proibitive, e poi le varianti fortemente influenzate dalla definizione
geopoliticamente scorretta di chi vale contro chi conta. Di seguito la
competizione tra produttori di vaccini, quelli under oppure over fasce di età
meglio identificate per patologie e funzioni, e poi la reperibilità dei
materiali stessi necessari per l’inoculazione, dalle siringhe ai composti
farmaceutici, secondo le migliori tradizioni della lotta commerciale di scala
internazionale. Ora mancano i vaccini poi mancheranno gli addetti incaricati di
vaccinare, fino a giungere alla mancanza di soggetti disponibili ad essere
vaccinati per cui si mettono in piedi complesse campagne di comunicazione sullo
stile del Grande Fratello che tutto vede e tutto sa, finanche delle nostre più
intime deficienze culturali. Ci viene contrabbandato un principio per un altro,
solo modificando l’appellativo definito e così dal più internazionale lockdown,
che faceva paura al solo pronunciarlo, al meno difficoltoso coprifuoco, che
però ci riporta ai periodi bui del periodo bellico. Zone Rosse Arancioni Gialle
Bianche e con loro i vari rafforzativi con le nuove gradazioni di colore
tendenti allo scuro.
Insomma, se avevamo una
pallida idea di cosa stesse accadendo solo 13 mesi addietro ora siamo certamente
all’oscuro sia di quanto accaduto fino ad ora che di quanto accadrà nel futuro
prossimo.
Abbiamo perso la
cognizione del tempo e dello spazio, il gusto del sorridere con gli amici,
l’emozione del nuovo incontro, la serenità di un abbraccio parentale.
Rimane solo una scarna
comunicazione composta di numeri e colori, DPCM e Decreti Legge, dichiarazioni
senza costrutto di politicanti allo sbaraglio equamente ripartiti tra forze
politiche dedite a ritagliarsi un posticino al sole in attesa della grande abbuffata
con i finanziamenti europei, come fosse un pranzo di nozze alle nostre
latitudini, sempre poi con lo sguardo vigile ed attento a rilevare la presenza
del classico imbucato con prospettiva elezioni politiche.
Nessuno è disponibile a
dichiarare che il Re è nudo e così, senza pronunciare mai parole di preoccupata
speranza, senza mai citare il fatidico “chiusura totale”, ci regalano un “tutti
a casa se potete”, comunque più rassicurante, salvo poi multarci per le nostre
eventuali “disobbedienze”.
Chi di Speranza vive,
disperato muore. Speriamo davvero che
sia solo una coincidenza beffarda di termini e non una previsione a medio
termine. Per morire moriremo tutti, prima o poi, ma un conto è sapere
dell’ineluttabile un conto è predisporci continuamente all’evento.
Se così dovesse essere
meglio una rivoluzione, magari dolce, ma efficace.
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